Tratto del canale dell'acquedotto.
Tratto del canale dell’acquedotto.

Mentre in età punica l’approvvigionamento idrico era assicurato esclusivamente dalla presenza di cisterne e di pochissimi pozzi, in età romana imperiale venne impiantato un efficace sistema di adduzione delle acque per il funzionamento degli edifici termali.
L’acquedotto, le cui tracce sono ancora visibili lungo la strada che conduce all’area archeologica e lungo il pendio che scende verso lo spiaggione, presenta paramenti in opera mista a fasce, con un’alternanza di blocchetti di arenaria e di laterizi. Si è ipotizzato che esso avesse una lunghezza di poco più di 500 m e che adducesse in città l’acqua attinta da un pozzo localizzato poco fuori l’abitato; a tale acquedotto è stata riferita anche la cd. Porta Cornensis, una struttura ad arco crollata sulla spiaggia in prossimità della battigia.
Si ipotizza che l’acquedotto alimentasse il cd. castellum aquae, una struttura quasi quadrata situata al centro della città tra il cardo maximus e il decumano, costruita all’esterno con un’alternanza di due filari di blocchetti in arenaria e due di mattoni (opus vittatum mixtum) e all’interno in laterizi.

Castellum aquae.
Castellum aquae.

Lo spazio interno è suddiviso in tre navate da otto pilastri che dovevano in origine sostenere la copertura, solo in piccola parte conservata. All’esterno le pareti erano rivestite di intonaco bianco, mentre all’interno era presente uno strato piuttosto spesso di cocciopesto, con funzione impermeabilizzante.

Interno del castellum aquae.
Interno del castellum aquae.

Adiacente alla parete meridionale si individuò un ambiente rettangolare, interpretato come bacino di decantazione, seguito da un basamento semicircolare in blocchi in arenaria, pavimento in laterizi e intonaco idraulico, ritenuto parte strutturale di una fontana.